
La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne – 25.11.2022
Nella settimana in cui ricorreva la data del 25 novembre, il Convitto annesso all’Istituto ha programmato alcune attività volte alla riflessione e alla sensibilizzazione sul significato di questa simbolica giornata e sulla drammatica attualità rappresentata dai “FEMMINICIDI” e dalle manifestazioni di violenza contro le donne di cui le cronache danno conto, purtroppo, ormai quasi quotidianamente.
La data del 25 novembre è stata scelta nel 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
L’ONU ha ufficializzato così una data individuata da un gruppo di attiviste riunitesi a Bogotà, la capitale della Colombia, nel 1981. Il 25 novembre fu scelto in ricordo del brutale assassinio avvenuto nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il brutale regime del dittatore della repubblica Dominicana Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961).
La violenza sulle donne è tra le violazioni dei diritti umani più diffuse al mondo. In Italia e nel mondo subisce violenza, mediamente, una donna su 3 dai 15 anni in su. Può accadere ovunque: dentro le mura domestiche, sul posto di lavoro, per strada. Esemplificativo è il seguente dato: il 53% di donne, in tutta l’Unione Europea, che afferma di evitare determinati luoghi o situazioni per paura di essere aggredita. Ma spesso sono i partner, o ex partner, a commettere gli atti più gravi: in Italia sono infatti responsabili del 62,7% degli stupri.
Il 25 novembre è la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. Una data importante, per ricordare a tutti che il rispetto è alla base di ogni rapporto e che non possiamo continuare a veder crescere il numero delle donne che subiscono violenza. Bisogna operare per prevenire e contrastare la violenza, in ogni sua forma: educare al rispetto della persona e dei diritti delle donne, contrastare gli stereotipi di genere alla base di una visione errata del ruolo che le donne occupano nella società e pretendere dalle istituzioni risposte legislative efficaci e fondi per sostenere l’operato dei centri antiviolenza.
Martedì 22 novembre, presso la sala del convitto maschile, le convittrici ed i convittori delle classi I hanno partecipato all’attività proposta dagli educatori Patrizia Munafò e Antonio Genna riguardo il tema della violenza di genere.
L’argomento è stato affrontato anche attraverso il racconto fatto agli studenti della drammatica (ed emblematica) vicenda vissuta dalla pittrice Artemisia Gentileschi, una grande artista e una donna eccezionale, nata a Roma nel 1593, contemporanea di grandi artisti del suo tempo come Michelangelo Merisi (“Caravaggio”). Nel marzo 1611 Artemisia subì il dramma della violenza sessuale perpetrata dal pittore Agostino Tassi, maestro di prospettiva e amico di Orazio Gentileschi, il quale aveva chiesto al collega pittore di istruire la figlia alla prospettiva.
La giovane Artemisia ebbe il coraggio di denunciare pubblicamente la violenza subita.
Il processo fu celebrato nel maggio 1612 e si concluse dopo cinque mesi con una lieve condanna dell’imputato. Artemisia, che nel processo era la vittima, venne sottoposta ad umilianti visite e alla tortura dello schiacciamento dei pollici (dolorosissima, la quale avrebbe potuto causare danni tali da compromettere le sue abilità di pittrice, cosa che per fortuna non avvenne) per indurla a rivelare la verità ma, malgrado non avesse ritrattato la sua deposizione, non venne mai creduta pienamente. Dopo il processo Artemisia lascerà Roma, allontanandosi da un passato tormentato e dalla ingombrante figura paterna.
Stabilitasi a Firenze, soggiornerà in seguito anche a Venezia e a Napoli, realizzando nel corso della sua lunga carriera artistica opere che fanno parte della storia della pittura come, solo per citarne alcune, Susanna e i vecchioni (1610), Giuditta che decapita Oloferne (1612, museo di Capodimonte di Napoli, realizzato proprio mentre si celebra il processo contro il Tassi), Giuditta e la fantesca (1614 Palazzo Pitti, Firenze), la seconda versione della Giuditta che decapita Oloferne (1618, Uffizi, Firenze), David e Betsabea (1642), Lot e le figlie (1643).
Morirà a Napoli nel 1652.
Artemisia può essere considerata, a tutti gli effetti, una pioniera perché ha aperto una strada che molte altre donne avrebbero poi seguito: non solo perché è stata la prima pittrice a firmare i suoi quadri – una cosa talmente moderna che all’epoca non c’era nemmeno la parola per definirla: il termine “pittrice” non esisteva, così la chiamarono “pittora” – ma anche perchè è stata la prima donna a far condannare il proprio violentatore in un processo pubblico, di cui possiamo leggere gli atti. E come purtroppo accade spesso ancora adesso, fu la vittima, la donna violentata, a salire sul banco degli imputati: Artemisia fu torturata perché doveva essere lei a dimostrare le sue accuse.
Questa triste considerazione ha offerto lo spunto per presentare agli studenti un’altra importante vicenda, che ha segnato un momento storico nelle vicende giudiziarie italiane, quella del documentario/inchiesta televisiva “Processo per stupro” realizzato nel 1979 e trasmesso in prima serata su Rai2 con grandissimi ascolti. Le telecamere entrarono, per la prima volta, in un tribunale, quello di Latina, per mostrare agli spettatori come la vittima venisse “processata” dagli avvocati difensori e dai parenti dei ragazzi accusati di violenza.
Purtroppo, la Rai non dispone più delle immagini del processo ma sulla piattaforma Raiplay è disponibile l’audio dell’arringa di Tina Lagostena Bassi, avvocato difensore della ragazza vittima della violenza. Tina Lagostena Bassi ha difeso una giovane vittima di uno stupro non solo dagli artefici della violenza ma anche dai loro legali: le requisitorie tendevano, infatti, a dimostrare presunti atteggiamenti sconvenienti o una “colpevole” passività della ragazza, che avrebbero attenuato, se non addirittura giustificato, la gravità del gesto. Di questa condizione di dolorosa discriminazione Tina Lagostena Bassi denuncia tutta la drammaticità.
Infine, è stata presentata agli studenti la vicenda, artistica e personale, di Frida Kahlo, pittrice messicana vissuta all’inizio del secolo scorso.
Venerdì 25 novembre, sempre nella sala del convitto maschile, agli studenti delle classi II e III è stata proposta la visione del monologo dell’attrice Paola Cortellesi dedicato al tema della violenza che gli uomini (mariti, fidanzati, partner, ex partner) esercitano contro le donne dentro le mura domestiche.
A seguire si è svolto un dibattito sull’argomento violenza di genere, in Italia e nel mondo, prendendo lo spunto dalle più recenti notizie di cronaca che sono state proiettate sulla LIM della sala ristorante, relative ai femminicidi, alle violenze sessuali, alla violenta repressione che il regime dell’Iran sta attuando nei confronti delle donne che manifestano per i loro diritti negati, alla condizione della donna in paesi come l’Afghanistan e il Pakistan, attraverso la storia di Malala, di cui è stata proposta la lettura del libro.